Thirteen Days è un altro “film-simbolo” e vero e proprio “cult-movie” per gli appassionati di negoziazione e risoluzione alternativa delle controversie.
“Nell’ottobre 1962, il mondo visse tredici giorni sull’orlo della Terza Guerra Mondiale: l’installazione da parte dell’URSS di missili nucleari a Cuba, portò a un breve ma pericoloso braccio di ferro tra il Presidente degli Stati Uniti J. F. Kennedy e il Segretario del PCUS Kruscev. Ovunque la popolazione attese con ansia l’esito del grave scontro politico, diplomatico e militare”, recita la presentazione del DVD del film, indicando il percorso attraverso il quale si è sviluppata (nello spazio di meno di due settimane) una delle best practices negoziali del periodo della Guerra fredda, quando si era ormai giunti ad un passo dal baratro.
In questo film, che ripercorre tutti i pochi lunghissimi giorni di quella che è passata alla storia come “la crisi dei missili di Cuba”, troviamo diverse scene sulla negoziazione, in tutte le modalità di rappresentazione possibili: la dimensione “esterna” del negoziato, innanzitutto, che si realizza attraverso i contatti ufficiali ed informali tra americani e sovietici; poi, la dimensione “interna”, che riguarda il confronto tra il Presidente americano ed il suo staff da un lato e i “falchi” dello Stato maggiore della Difesa americano dall’altro (con questi ultimi che chiedono al presidente una risposta “forte”, che passi attraverso la via militare, all’installazione dei missili russi a Cuba) ed anche all’interno dello stesso staff di Kennedy, circa la scelta della migliore strategia da adottare. Le scene sono utili per approfondire la scelta di Kennedy di dare, nel corso della crisi, risposte flessibili, che hanno aperto la strada all’accordo definitivo.
Risposte che in realtà non sono tanto frutto di una chiara decisione iniziale, bensì conseguenza di una progressione di scelte caute (e sempre concordate all’interno di un gruppo ristretto di suoi “fedelissimi”, in cui ritroviamo il fratello, Bob Kennedy, e Kenny O’Donnell, interpretato da Kevin Costner, Assistente del Presidente), che si inseriscono in un equilibrio molto delicato, che oscillano tra il tentativo di adottare risposte assertive e la necessità di non fare scelte ultimative. Per aprire il dialogo con i sovietici, facendo tuttavia chiaramente presente quali sono i margini di manovra e, soprattutto, ciò che gli USA considerano inaccettabile.
In questo senso “brillano” (tra le altre) alcune scene, significative dell’approccio di Kennedy: quella del blocco navale, in cui il Segretario della Difesa americano Robert Mc Namara spiega che l’incontro tra le navi americane e quelle sovietiche al largo di Cuba non può seguire le normali procedure di ingaggio adottate dalla Marina militare (che avrebbe portato, in caso negativo, ad un attacco, con conseguenti pericolose ripercussioni a livello mondiale), ma deve piuttosto essere “interpretato” come un dialogo diretto tra il Presidente americano e il Segretario del PCUS; inoltre, il confronto all’interno delle Nazioni Unite tra l’ambasciatore sovietico Valerian Zorin e quello americano Adlai Stevenson, in cui quest’ultimo risponde punto per punto alle accuse del collega, portando prove circa l’installazione dei missili sovietici a Cuba (qualcuno ha richiamato alla mente questo episodio a proposito del famoso discorso del Segretario di Stato USA Colin Powell del febbraio 2003 al Consiglio di Sicurezza ONU). Infine, l’incontro decisivo tra l’ambasciatore sovietico negli USA, Anatoly Dobrinin e Robert Kennedy, una scena dal clima molto teso ed allo stesso tempo disperato, nella quale i rischi di una rottura, a questo punto con ogni probabilità definitiva, si “mescolano” alle speranze di accordo. Ed è proprio in questa scena che emerge l’idea che porterà alla soluzione della crisi.
Il film termina con la scena che riportiamo, in cui si sentono le parole originali del Presidente Kennedy, che, a mio avviso, rappresentano la degna conclusione ad una vicenda tra le più drammatiche della storia dell’umanità:
“Che tipo di pace cerchiamo? Sto parlando di una pace vera.
Il tipo di pace che rende la vita sulla terra degna di essere vissuta.
Non solamente la pace nel nostro tempo, ma la pace in tutti i tempi.
I nostri problemi vengono creati dall’uomo, perciò possono essere risolti dall’uomo.
Perchè in ultima analisi, il legame fondamentale che unisce tutti noi è che abitiamo tutti su questo piccolo pianeta.
Respiriamo la stessa aria. Abbiamo tutti a cuore il futuro dei nostri figli.
E siamo tutti solo di passaggio”.
Stefano Cera: Da piccolo ha visto 2001: Odissea nello spazio e si è addormentato al cinema! Tuttavia, da allora ha sviluppato l’“insana passione” per il grande schermo e soprattutto (una volta diventato formatore) per tutto ciò che questo portava all’apprendimento. Sviluppa le sue attività in aula lavorando con i video ed i film… perché una scena vale davvero più di tante parole. Senior Consultant & Experiential Trainer, Autore di Che film ci mediamo stasera? Ovvero, imparare la risoluzione dei conflitti attraverso i video, in La giustizia sostenibile, (a cura di) M. MARINARO, Aracne, Roma, 2012. Lo trovi sul blog: http://formamediazione.blogspot.it
Condividi
P.S.: tutte le scene per motivare te stesso e gli altri le trovi nella nostra membership, qui trovi le nostre promozioni:
Acquista il film
Acquista il libro
“La giustizia sostenibile“ a cura di Marco Marinaro – Acquistalo su Amazon