Le “grandi dimissioni” dilagano, i talenti e non solo stanno lasciando le aziende. Anche quando si trovano in posizioni privilegiate con uno stipendio considerevole, fanno scelte “apparentemente” insensate.
Tutto questo sembra in contraddizione con lo stato sociale di un paese in cui la disoccupazione giovanile è ai massimi storici, ma rileva anche una incapacità di comprendere le ragioni di un malessere profondo, non più sanabile con il denaro o con semplici promesse.
L’era delle aziende “profitto oriented” sta per concludersi. Non sappiamo ancora quanto durerà questo periodo di transizione, forse un anno, forse dieci, ma la cosa certa è che il mondo del business sta virando velocemente. Eppure non sappiamo leggere i segni.
Si parla da anni di work balance life ma le aziende fanno davvero poco per trattenere i talenti, travisando l’idea secondo la quale le persone hanno “bisogno” di un lavoro per questo manipolabili a piacimento. Le poche e illuminate aziende che invece hanno permesso ai collaboratori di trattare il lavoro come un mezzo per raggiungere i propri obiettivi di equilibrio personale, sono avanti anni luce e pensano già alle prossime conquiste.
Solo qualche anno fa Ryanair, compagnia di volo low cost si è vista costretta a cancellare i voli a causa della fuga dei piloti. Quest’ultimi, abituati dalla stessa azienda a venerare la cultura del profitto (se costa di meno è sempre meglio) a ragion veduta, non ci hanno neppure pensato a farsi lo scrupolo e abbandonate gli aerei non appena un’altra compagnia gli ha offerto delle condizioni economiche migliori.
Questo è quello che accade quando tratti le “persone” come dei numeri, e Ryanair è maestra in questo. La questione vera è che se per te i dipendenti sono dei numeri, loro penseranno lo stesso dei clienti e appena potranno scapperanno a gambe levate.
La stessa dinamica accade con i supermercati aperti di notte. Senza ombra di dubbio offrire un servizio del genere può essere utile, ma quali ripercussioni sulla qualità della vita dei dipendenti? Come vivrà quella donna separata che per crescere due figli non sa a chi lasciarli di notte? A te che fai impresa potrebbe interessare poco, ma una parte dei tuoi clienti consapevoli cominceranno a guardarti male fino a fare delle scelte radicali.
Potresti ritrovarti all’improvviso a dover abbassare ulteriormente i prezzi perché un insieme di cause-effetto infliggerà duri colpi a tutta la struttura. Ma non tutto ha un prezzo. Chi vorrebbe essere complice di una tale oligarchia? Mentre i clienti più consapevoli cercano altre strade, tu puoi solo approfittare di quelli che proprio non ci arrivano e potresti anche essere contento.
I quaquaraquà direbbero “finché la barca va, lasciala andare” e gli “Imprenditori con la I maiuscola”, invece, cominciano a trattare i propri collaboratori per quello che sono: “persone”. Perché solo “persone” possono dare valore ad altre “persone”.
Nel film Rocket Singh – Il venditore dell’anno, assistiamo ad una vicenda del genere. Il capo di Harpreet umilia i propri dipendenti appena ne ha l’opportunità. Per lui tutto è un “numero”, dalle ore lavorate, ai pc venduti, agli obiettivi raggiunti. Non vede altro che numeri, solo numeri.
Un giorno Harpeet, che sognava di diventare un grande venditore, decide quasi per scherzo di creare una nuova compagnia centrata sui talenti e la valorizzazione delle persone. Il punto centrale saranno le persone, clienti e collaboratori. Decide anche di tenere bassi i profitti irrompendo così in un mercato controllato da pochissimi players e per questo con dei margini speculativi altissimi. L’azienda decolla in pochissimo tempo, i clienti sono entusiasti soprattutto per il rapporto e la qualità della relazione. Molti dipendenti della precedente azienda, pur temendo le reazioni del suo ex capo, sposano la causa di Harpreet creando una sinergia che rafforza il gruppo.
L’unico errore che il ragazzo commette è quello di fare tutto di nascosto e mentre continua ad essere sul “libro paga” del Signor Puri. Qui la storia prende una piega diversa, a confermare che la legge di causa-effetto funziona sempre. Puri scopre l’inganno e minaccia di denunciare Harpreet e tutti gli altri. Per evitare problemi, soprattutto a chi ha avuto fiducia in lui, il ragazzo è costretto a cedere la sua nuova azienda per una sola rupia. Dopo questo fallimento per non finire in strada andrà a lavorare in un negozio di elettrodomestici.
Harpreet è come il pilota di Ryanair, come la commessa del supermercato, come il commerciale che molla l’azienda perché si sente solo un numero, e di certo non è da biasimare per questo. Ma quello che dice è di insegnamento a tutti noi, consumatori ed imprenditori.
E’ una lezione che dobbiamo ricordare ogni volta che cadiamo nella tentazione di “accorciare” il valore delle persone per nutrire i nostri scopi. Non ci può essere felicità duratura in questo, ne per me che consumo e ne per te che stai facendo impresa.
Dopo aver ceduto l’azienda al suo stesso carnefice, accade un fatto strano. I clienti non vogliono trattare con Puri, spietato e orientato esclusivamente al profitto. I clienti sono stati abituati ad una relazione diversa, un servizio di valore, ad un venditore che ti guarda negli occhi ed è capace di “non vendere” in quel momento pur di preservare il rapporto. Ma questo riusciamo a capirlo? O pensiamo che sia una trovata da “volemosi bene”?
E arriviamo alla scena, il momento in cui il suo ex-capo lo cerca per offrirgli sul piatto d’argento un posto da Vice Presidente, ma queste sono le parole di Harpreet: “Io non sapevo niente, signore. Ma ho imparato facendolo. Negli affari non ci sono schemi, trucchi o magie. C’è una cosa sola: la gente. Quella che lavora con te, quella che compra da te. Ma lei non le ha mai viste come persone, solo come numeri. Chi raggiungeva il tale numero, chi superava un certo obiettivo… Ma io non ho mai capito i numeri. Ho visto sempre delle persone. Chi è felice, chi è triste, chi lavora sodo. Chi ama quell’incarico… Lo sa che c’è di sorprendente quando le persone sono felici? Che i numeri crescono da soli. Perché gli affari non sono numeri, gli affari sono persone. Solo persone”.
So che si tratta di un film, ma so anche che ci sono Uomini che ragionano così ed alimentano la speranza. Si impegnano a costruire un valore di vero servizio, anziché fatto di politica e interessi personali. L’idea che tutto si aggiusta una volta rotto funziona con le “cose”, ma non con le “persone”.
Molti imprenditori illuminati lo hanno già capito, da Branson che cancella gli orari di lavoro, al piccolo imprenditore che si preoccupa di migliorare l’ambiente in ufficio, offrendo ai propri dipendenti un’esperienza migliore. Anch’io sono un sostenitore del motto: quando le persone sono felici di fare quello che fanno, del luogo in cui lavorano e di come vengono trattate, i numeri crescono da soli.
E il bello è che a volte basta poco. Davvero poco.
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“…se caso mai non vi rivedessi…
buon pomeriggio, buona sera e buona notte!”…
(The Truman Show)
Virginio
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Grande Virginio, ci siamo. Il punto di attraversamento di quel “chasm” di cui parlava Geoffrey Moore è arrivato.
RispondiSiamo nel mezzo di una transizione che probabilmente durerà 20 anni, ma dalla quale usciremo diversi. Io seguo da anni il filone del Conscious capitalism e, oggi, della Purpose-driven enterprise e sono felice che anche tu e la tua azienda siate sensibili al tema. Grande segno. Grazie e buona Vita. Alessandro
Bellissima scena e una lezione di vita al Capo dell’azienda l’umiltà paga sempre e soprattutto l’amore
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