Scena sulla digital disruption: non abbiamo mai inventato nulla

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Se fossimo andati alla ricerca di una scena di film per dimostrare cosa sia la “digital disruption” non saremmo stati in grado di trovarla.

Eppure dopo aver visto questa scena sulla creatività tratta dalla commedia francese “L’esplosivo piano di Bazil”, mi è stato subito evidente: “non abbiamo mai inventato nulla!

Questa è un’espressione tipica del luogo da cui provengo, un proverbio, che richiama un concetto perfettamente adattabile ai nostri giorni: tutto ciò che ci sembra innovativo, spesso non è altro che un’imitazione, di qualcosa che è già stato fatto.

Stiamo quindi forse “rubando” un’idea che non ci appartiene?

In teoria no. Allo stesso modo in cui le piattaforme Netflix, Primevideo o altre non hanno “rubato” all’industria cinematografica, o l’e-commerce non ha sottratto ai negozi al dettaglio. Tuttavia le conseguenze sono inevitabili, ed è per questo che le aziende devono far i conti con questa “tendenza”, diventata ormai indispensabile per la sopravvivenza.

Bazil, non sa cantare, ma è bravo a mimare le parole della canzone, e quindi non fa altro che ricreare un gioco mimico, con il quale diverte le persone. Fa a modo suo, di testa sua, con i mezzi che ha a disposizione.

Se la cantante dall’altro lato del pilastro, incanta con una performance precisa, ma antiquata, Bazil arriva alle persone “con la stessa voce”, ma in maniera più immediata e diretta, miscelando canzone, teatro, mimica a comicità.

Utilizzare le informazioni provenienti da più fonti, e le caratteristiche diverse dei sistemi verso una linea di vendita preesistente, è il principio base della Digital Disruption.

Con questo termine, si indica la trasformazione causata dall’emergere di tecnologie e modelli nuovi che hanno un impatto sul valore di prodotti e servizi offerti in un mercato, trasformando il mercato stesso.

Esempi di aziende che hanno stravolto lo status quo di mercati spesso poco dinamici ce ne sono parecchi: da Spotify per l’industria musicale a Uber per i trasporti, da Airbnb per il turismo a Netflix per l’intrattenimento.

Dovrei dunque sentirmi “in colpa” a passare davanti ad una piccola libreria, mentre ho in tasca il mio Kindle? Certamente, consiglierei a chiunque una bella chiacchierata con un libraio professionista (credetemi, si scoprono cose inaspettate!), ma ovviamente la risposta è no.

Non si tratta di un “furto”, quanto piuttosto di unire la domanda crescente di un mondo sempre più rapido, più liquido, più leggero a influenze provenienti da vari settori, con ingegno e creatività.

Quando approfondiamo le esigenze del mercato, le rielaboriamo, prendiamo spunto da più fonti e le mescoliamo, stiamo creando qualcosa di nuovo, a partire da qualcosa di bello ma più vecchio.

Questa scena, breve e intensa, nella sua parte finale, mette in risalto il punto forse più importante della digital disruption : il riconoscimento.

Bazil (ovvero il nuovo che avanza) ha prodotto più margini anche in virtù di costi bassissimi, ma si accorge che “non riconoscendo” i meriti al mercato di base (l’altra musicista) diventerebbe un parassita, consumando il suo stesso “fornitore”.

Di questa “etica del business” si dovrebbero ricordare più spesso gli “innovatori digitali” del nostro tempo. Riconoscere ciò da cui un’idea è nata, le dà valore. Dare una storia a qualcosa che è nuovo le fa mettere radici, le dà solidità, appartenenza, e paradossalmente, è il contatto con ciò che era a determinare ciò che sarà.

Potremmo definirlo “gratitude marketing”: il business che restituisce ciò che ha preso

Dopotutto, riesci a immaginare come sarebbe il mondo se tutti ci voltassimo indietro, e restituissimo una parte di ciò che abbiamo guadagnato, a chi ci ha permesso di realizzarlo?

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L’esplosivo piano di Bazil (Micmacs à tire-larigot)” è un film del 2009 diretto e co-sceneggiato da Jean-Pierre Jeunet.  Acquistalo su Amazon
 

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