“Il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione.” (Zygmunt Bauman)
Una grossa parte dei nostri problemi relazionali nasce molto spesso da una difficoltà “nella” comunicazione, che, col tempo, se non “curata”, si atrofizza fino a diventare difficoltà “di” comunicazione, fino al fatidico “con te ho chiuso!”.
Stanchezza, stress, aspettative non soddisfatte, rimorsi e rimpianti si riversano nelle nostre parole e ne trasformano il contenuto, non permettendoci più di entrare veramente in relazione con l’altro. Molte persone fanno fatica ad esprimere le proprie ragioni, ciò che pensano e sentono in modo chiaro e diretto e da questo nascono le difficoltà relazionali, dal non saper entrare in “connessione” con l’altro.
Comunicare infatti, non significa solo “dire”, ma anche e soprattutto entrare in relazione con gli altri. Le nostre giornate sono intessute di interazioni, di cui la comunicazione è linfa vitale, che permette di costruire e, nel tempo, gestire e coltivare relazioni sane.
Quando, alla fine di un rapporto, o anche durante un discorso pubblico, qualcosa non va per il verso giusto, ci viene da etichettarlo come “un problema di comunicazione”, come a voler attribuire la causa di quel fallimento a qualcosa di estraneo da noi. Niente di più sbagliato, il problema di comunicazione dipende dal contenuto di ciò che diciamo, dal modo in cui lo diciamo, dalla relazione tra noi e il nostro interlocutore e dal fatto che quest’ultimo sia effettivamente o meno raggiunto dal messaggio che intendiamo trasmettere. Dipende da noi.
A volte basta un parola sbagliata per scatenare un diverbio senza fine, basta una richiesta non soddisfatta perché diventi il pretesto per riversare sull’altro tutto ciò che di pesante e insoluto ci portiamo dentro.
E allora una parola tira l’altra, dai “piatti”, ai “limoni”, ai “fiori”, al “balletto”, i protagonisti di questa scena si ritrovano a scagliarsi contro anche desideri inesistenti, perché ad un certo punto della conversazione ci si dimentica anche il vero motivo della discussione, troppo concentrati sul far valere le proprie ragioni.
Gary e Brooke, dopo qualche anno di convivenza, iniziano a vivere le prime tensioni e incomprensioni del loro rapporto. Gary lamenta il fatto che la compagna non gli lasci mai un attimo di pace (“Ti chiedo soltanto, Brooke, di mostrare un briciolo di comprensione quando ti chiedo 20 minuti di relax quando ritorno e di non essere aggredito con domande e lagne di qualunque genere …”) e Brooke lamenta la mancanza di collaborazione nelle faccende di casa e la mancata riconoscenza per tutto ciò che fa (“Ho passato mezza giornata a pulire tutta casa e a cucinare la cena, mi sono ammazzata e ora potresti farti uscire un grazie e aiutarmi a lavare i piatti!”).
Ieri, mentre guardavo per la prima volta questo sketch, mi è tornata alla mente una frase tratta da “Palomar”, di Italo Calvino:
Il problema è capirsi. Oppure nessuno può capire nessuno: ogni merlo crede d’aver messo nel fischio un significato fondamentale per lui, ma che solo lui intende; l’altro gli ribatte qualcosa che non ha relazione con quello che lui ha detto; è un dialogo tra sordi, una conversazione senza né capo né coda. Ma i dialoghi umani sono forse qualcosa di diverso?”
Sembra un dialogo tra sordi anche la conversione tra Gary e Brooke.
“Sono esausto, adesso mi voglio solo rilassare per un pochino, starmene steso qui mentre digerisco e cercare di godermi la quiete di casa mia, questo voglio …”
Lei, invece, vuole solo “lavare i piatti”, perché odia dover lasciare “la cucina sporca”. Così, ad un’iniziale discrepanza di intenzioni, si aggiunge anche una divergenza di opinioni:
“Ma che sarà mai?”
“È una tragedia, chiaro? Almeno per me!”
E, quando Gary finalmente si decide:
“Sai che c’è? Non è questo quello che voglio! (…) Io voglio che tu voglia lavare i piatti!”
Le donne, le solite incontentabili, starete pensando! Forse Brooke non era neanche alla ricerca dell’aiuto materiale del suo compagno, forse la sua richiesta era semplicemente un modo di attirare la sua attenzione, un pretesto per comunicargli il suo disappunto. Forse ha sbagliato le parole e i modi o forse Gary non ha saputo “accoglierle” e ascoltare empaticamente, sta di fatto che questa scena vuole dimostrarci che una parola detta, ma anche non detta, può edificare così come può distruggere.
Difatti, anche quando ci sembra di comunicare in modo chiaro ciò che pensiamo, non è detto che l’altro ci stia comprendendo, perché non è detto che stia associando alle parole il nostro stesso significato, stia provando le stesse emozioni, e veda la realtà con i nostri stessi occhi.
Probabilmente la frustrazione di Brooke nasce dal non sentirsi gratificata, dal non sentirsi apprezzata per il suo prodigarsi, dal percepire come “dato per scontato” tutto quello che fa. Ognuno di noi ha dei progetti e delle aspettative che speriamo trovino concretezza nelle persone che amiamo.
Quando ciò non accade e le nostre relazioni non “funzionano” più come vorremmo, cominciamo ad avvertire un forte senso di disagio, che può diventare rabbia o indifferenza nei confronti dell’altro, confusione e desiderio di fuga.
Poiché la comunicazione ha un ruolo essenziale nella nostra vita quotidiana, è lì che riversiamo tutto ciò.
Ecco allora che si perde di vista anche il senso della discussione e la cosa più importante diventa la differenza tra lo “sfrenato desiderio di lavare i piatti” e lo “sfrenato desiderio di offrirti di lavare i piatti”, tra l’ “essere matta” e il “fare la matta”.
E si va a ricercare più indietro nel tempo la causa del problema, forse i limoni?
“Gary, non è per i limoni”
Forse i fiori?
“Non è per i limoni, non è per i fiori, non è per i piatti, è per … quante volte ti avrò buttato lì di andare a vedere il balletto?”
Il problema, però, non è neanche il balletto:
“Il punto non è se ami o no il balletto, il punto è se la persona che ami ama il balletto …”
Il vero problema è:
“… Tu invece che fai per me?”
Il problema è a monte. Forse è sorto già anni prima ma non era stato mai affrontato. Ecco perché è importante comunicare. Come un vaccino contro l’influenza stagionale, saper comunicare e saper ascoltare in modo efficace ed attivo svolgono una funzione preventiva e ci “immunizzano” contro le problematiche relazionali, di qualunque natura esse siano.
Io credo in un dialogo aperto e costante, credo nel saper scegliere le parole giuste, credo nelle parole “magiche” che trasmettono emozioni positive e salvano i rapporti, perché, come ho avuto modo di appurare partecipando, nei giorni scorsi, ad un interessante corso di linguistica persuasiva, “Le parole fanno la differenza!” .
E tu, ci credi?
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Forse Gary avrà mancato di empatia nei confronti di Brooke, certo però che quest’ultima di empatia è totalmente priva. Perché non ha accettato la trattativa offertale da Gary? Avrebbe potuto stare una ventina di minuti sul divano con lui in tranquillità e poi chiedere di lavare i piatti assieme. In lei vedo una narcisista egocentrica e manipolatrice, priva di una qualunque forma di accettazione nei confronti del compagno. Con lei non esiste alcuna forma di comunicabilità: o sottomettersi o andarsene. E Gary ha fatto benissimo ad andarsene: si è salvato la vita.
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