Scena su motivazione e resilienza: imporsi degli obiettivi

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Di cinema2010

Quante volte, in una situazione di estrema difficoltà, ti sei trovato a un passo dall’arrenderti o dal desistere di perseguire nel tuo intento e, invece, hai caparbiamente perseverato fino a realizzarlo?

Se pensi che ciò accada solo nei film, non conosci ancora la storia di Joe Simpson, il protagonista della scena proposta, tratta dalla pellicola “La morte sospesa”. È vero, è un film, ma che racconta la vera avventura di quest’uomo che, nel 1985, insieme al compagno di scalate Simon Yates, riesce a conquistare la vetta del Siula Grande, sul lato ovest delle Ande peruviane.

Sulla via del ritorno, Simpson precipita in un crepaccio, da cui riesce miracolosamente a venire fuori e a sopravvivere. A raccontare la sua esperienza, la sconfitta e la “rinascita”, in questo documentario, è la sua stessa voce:

“…ero gravemente disidratato, non avevo cibo e soffrivo da cani a causa della frattura e avevo ancora tanta strada da fare (…) Ero consapevole della situazione, mi aspettavo un’impresa talmente grande che non riuscivo a pensarci … poi pensai che dovevo impormi degli obiettivi”

In un’intervista a Radio 24 Pietro Trabucchi, ultramaratoneta, psicologo dello sport, nonché docente universitario e autore di molti libri, racconta che il segreto sta proprio negli obiettivi. Più impariamo a gestire situazioni difficili e a porci obiettivi sfidanti, più esercitiamo la resilienza.

“Resilienza è un termine oggi molto attuale” racconta Trabucchi “poiché, a differenza di 10 anni fa, in cui eravamo abituati a contare sulle risorse esterne, oggi abbiamo capito che, se vogliamo andare avanti, dobbiamo sfruttare quello che abbiamo dentro”.

Preferisce definire la resilienza una dimensione motivazionale, poiché la differenza empirica tra una persona molto resiliente e una che non lo è sta proprio nel fatto che, di fronte a un qualsiasi contrattempo, la meno resiliente tende a demotivarsi, quella resiliente riesce a spostare, in maniera proficua, il focus dall’aspetto negativo a quello positivo, senza perdere di vista l’obiettivo prefissatosi ed ha la flessibilità e la capacità di cogliere nell’ostacolo, nel dolore, nella fatica un’opportunità.

“Una parte del fascino delle attività sportive, che in fondo sono attività di crescita personale, è proprio quella di aumentare il livello di risorse interne che abbiamo per filtrare le problematiche che la vita ci presenta, perseverare e uscire dall’area di comfort”. Le persone dotate di resilienza sono persone che, in circostanze avverse, riescono ad elaborare soluzioni per raggiungere obiettivi molto complessi, non solo, ma anche a trovare la forza, come Joe, di fronteggiare tali situazioni apparentemente catastrofiche e senza via d’uscita, per rinascere e dare nuovo slancio alla propria vita.

“Voglio arrivare a quel crepaccio in 20 minuti e devo farcela (…) Sceglievo un masso e dicevo: ci devo arrivare in 20 minuti (…) Una volta deciso che dovevo affrontare una certa distanza in 20 minuti mi impegnavo al massimo, mi aiutava molto, perché a metà strada il dolore era tale che non sopportavo l’idea di rialzarmi e cadere ancora”

Chi si sognerebbe mai di mettersi a fare attività fisica in un contesto del genere? Sarebbe stato più logico restare fermo per evitare di disperdere quel po’ di energia ancora a sua disposizione in attesa dei soccorsi. Eppure il non arenarsi e il continuare a porsi delle sfide è stata la fonte di alimentazione che ha permesso a Joe di resistere e vincere.

Non credo si tratti di persone dotate di superpoteri, quanto di persone fortemente motivate a raggiungere mete importanti (per Joe prima la vetta della montagna, poi quella ben più urgente della sopravvivenza) e che non conoscono l’invalidante paura della perdita del controllo e del cambiamento, anche di fronte a dure sconfitte.

 “Non credo alla resilienza alla carta, quella che si improvvisa”, dice Trabucchi. Molti studi hanno dimostrato che la resilienza dipende dal dinamismo, dalla pazienza, dall’ottimismo, dall’esperienza e dal proprio stile di vita. Alla stregua dell’intelligenza emotiva, cognitiva, sociale la resilienza è frutto di allenamento e di quelle che in psicologia vengono definite “capacità auto-regolative”, ovvero la capacità di porsi obiettivi in maniera consapevole, sensata e realistica, impegnarsi a fondo nel perseguirli e non procrastinare.

“Una parte di me diceva: continua, non ti riposare, continua, mentre l’altra parte di me, sempre nella mia testa, si guardava attorno e assorbiva l’ambiente circostante …”

Quella “vocina insistente, chiara e forte” è il segnale biologico che il nostro corpo ci invia nel momento in cui avverte la fatica, lo stress, il dolore. È la stessa che avverte un maratoneta, che sarà tentato di camminare piuttosto che continuare a correre, a soli 2 Km dal traguardo o un calciatore all’ottantesimo minuto. Il segreto è averne consapevolezza, imparare a conviverci e a tenere alto l’orizzonte delle proprie aspettative.

Non sapremo mai  fin dove siamo capaci di arrivare, fin quando non ridefiniamo continuamente i nostri obiettivi.

(tutte le scene tratte da film sulla motivazione, obiettivi e resilienza le trovi anche nella nostra membership  >>> https://www.ilcinemainsegna.it/bonus/ )

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Scena su motivazione e resilienza tratta dal film "La morte sospesa"“La morte sospesa” (Touching the Void) è un film documentario britannico del 2003 del regista Kevin Macdonald, tratto dal libro omonimo del 1998 di Joe Simpson, che racconta la storia vera dei due alpinisti Joe Simpson e Simon Yates.

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