Si lancerà Matthew dal muro, oppure no? Ma soprattutto, si fida di Maria ? E’ davvero una questione di fiducia ?
La fiducia è un’emozione inconscia che ci rende vulnerabili verso l’altro. In mancanza di essa, ci blocchiamo, analizziamo molti più dettagli e tutto diventa più lento. Gli studi di Stephen M. R. Covey dimostrano come l’assenza di fiducia renda tutto più costoso, mentre fidarsi è un modo per guadagnare di più. Quando faccio questi discorsi, le persone a me vicine mi chiedono se poi la mazzata non mi sia bastata.
Cito le parole di Jack Nicholson rivolte al figlio nel film “Come lo sai?”:
Non ci si fida mai di nessuno, né di lui né di me. Il cinismo è sanità mentale (…), per le tue grandi idee di fiducia e di creatività potremmo essere inevitabilmente costretti a strisciare da un sostituto procuratore
La verità è che quando fui “fregato”, il caso volle che fossi molto vicino a Mr Covey, e assorbii molte delle sue idee. Tra queste, quella che ha cambiato il mio punto di vista sulla questione, mise a nudo una mia grande debolezza:
siamo portati a pensare in termini di perdita: “Cosa ci perdo se la mia fiducia venisse tradita?”; e mai in termini di guadagno: “Cosa ci guadagno ogni giorno, quando la mia fiducia viene ricambiata?”. All’improvviso ho dovuto accendere i riflettori sulle decine di collaboratori e soci che ogni giorno ricambiano quella fiducia e senza i quali mi sarebbe difficile “progredire”. Insomma se mi fossi fermato al “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, avrei smesso di crescere penalizzando uomini e donne meritevoli di fiducia.
Lo so che non è semplice, e non lo è stato neppure per me. Per i successivi sei mesi dall’accaduto ho patito l’inferno. Ma come dice Steve Jobs ” i puntini si uniscono solo alla fine”.
Nella scena, quando Mattew sale sul muretto dice: “Non è questione di fiducia”, ma in effetti lo è. La fiducia è fatta di due fibre, una è il carattere (rispetto, etica, integrità morale), e Maria ne sembra un esempio, ma l’altra è la competenza (preparazione, abilità, esperienza) e Maria ne è sicuramente sprovvista.
Ecco io sono stato tradito dall’assenza di carattere. In altri casi sono stato tradito dall’assenza di competenza ma questo è un errore al quale è più semplice rimediare.
Considera la seguente implicazione: un tuo collaboratore ti viene raccomandato come una persona molto corretta, ma incapace di relazionarsi con clienti difficili. Gli affideresti quella trattativa importante?
Viceversa, se fosse scaltro e acuto nelle relazioni, ma la correttezza non fosse il suo forte. Cosa faresti? Probabilmente in entrambi i casi avresti dei forti dubbi, ma nel primo caso potresti pensare di aiutare il collaboratore a superare il gap, a formarsi e diventare più bravo nella sua capacità negoziale. Nel secondo caso, invece, chiuderesti la questione con un “no” secco.
Evidentemente “carattere e competenza” sono essenziali per generare quella propulsione di affidamento e questo è vero nella maggior parte dei casi, tranne uno, i figli. Per loro il nostro “mi fido di te” va oltre la competenza, sfocia nell’amore che è la forma più alta dell’etica. Per un figlio saresti capace di “lanciarti dal muro” in qualsiasi momento.
Ma è pur vero che in azienda non siamo “genitori” e la fiducia va guadagnata. L’importante è credere che sia una componente fondamentale per il progresso e per il profitto a lungo termine, dobbiamo costruirla, cercarla e riconquistarla in ogni momento.
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eh, ma non puoi fermare la scena senza dirci come va a finire!!! 😀
Rispondieh si Josè ..alla fine non si butta !!!
Rispondima sai quella povera Maria che fine farebbe ?!!!
Cara Letizia,
Rispondimi chiamo Antonella Bastone, sono una pedagogista di Torino, mi occupo di formazione e ricerca in campo eduativo e sociale. Seguo da tempo “Il Cinema insegna” perchè mi piace, quando possibile, inserire qualche contrbuto cinematografico nelle mie lezioni. In università, come professore a contratto, mi occupo di disturbi del comportamento alimentare, affrontando il tema in chiave pedagogica, ossia cecando di rilevare le buone pratiche educative che aiuterebbero i pazienti (da qui la mia pubblicazione “La relazione educativa nella cura dei disturbi alimentari. Il ruolo di genitori, insegnanti, educatori e massmedia”). Pensavo che, data la preoccupante attualità del tema, potrebbe essere affrontato in questa rubrica. Nei miei corsi mi capita di far vedere qualche spezzone di “Male di miele”…
Buon lavoro!
Ma alla fine si butta o non si butta??? 🙂
RispondiNo..Vincenzo , alla fine non si butta .
RispondiIo farei lo stesso. Non mi fiderei della “competenza” di Maria …
…….. e quando vieni tradito dalla persona che ti è stata accanto per 21 anni alla quale hai anche salvato la vita portandola in giro per il mondo per curare il suo male e ti porta via tutto come si fa?
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