Arrivare in cima alla montagna e trovare un sasso; un semplice, inutile sasso. Dopo anni trascorsi ad inseguire il successo e dopo la fatica della scalata lo spettro della delusione è quello che ci fa più paura. Così come la sensazione di rincorrere qualcosa che sfugge continuamente.
“Il Cinema” ci “insegna” un’altra grande lezione. Riprendo integralmente il dialogo che hai visto nella scena tra il mentore ed il suo allievo:
Socrates: Durante tutto il viaggio eri emozionato, eri felice
Dan: Perché credevo che avrei visto qualcosa.
Socrates: Eri come un bambino la mattina di Natale. Lo hai detto anche tu: fare questa gita mi ha fatto bene.
Dan: Perché nelle ultime tre ore aspettavo di vedere una cosa meravigliosa
Socrates: Cosa cambia?
Dan: Che qui c’è solo questo sasso.
Socrates: Forse avrei dovuto dirtelo prima di partire. Ma neanche io immaginavo cosa avrei trovato. Non lo sai mai. Mi dispiace che non sei più felice.
Dan: Il viaggio. Il viaggio ci rende felici non la destinazione.
Nel 1993 la prima edizione de “Le sette regole del successo” di Stephen Covey faceva la sua comparsa in Italia e per la prima volta sentivamo parlare della “sfera di influenza” contrapposta a quella di “coinvolgimento”. Oggi, sono passati 20 anni e il principio su cui si basa quella differenza è ancor più valido. Quando agisci a partire dalla “sfera di influenza” ti stai focalizzando su aspetti che puoi realmente condizionare con le tue azioni, in altre parole un possibile cambiamento dipende da te. Quando ti focalizzi sulla sfera di “coinvolgimento” le tue energie vengono dissipate per questioni che non potranno migliorare grazie al tuo diretto intervento, bensì dipendono da una più vasta serie di interazioni.
Ma allora che fare? Stare a guardare oppure agire? Ma poi soprattutto da cosa partire?
Non so se concordi con il mio punto di vista, ma le ricerche mi portano a pensare che quest’epoca, più di altre, è governata da continui paradossi:
– Un’economia sempre più veloce ti spinge ad essere competitivo per evitare la tua estinzione finanziaria. Dall’altro capo della corda la salute e la vita personale ti chiedono di rallentare i ritmi per evitare la disfatta sul piano umano.
– La tecnologia è stata creata per accelerare i tempi, accorciare gli spazi e ridurre i costi. Ma il risparmio è stato immediatamente assorbito in produttività. Facciamo molto di più rispetto a prima
– L’umanità sta accrescendo la sua consapevolezza grazie ad internet e ai social network. Le informazioni si moltiplicano e i popoli si risvegliano. Ma per poter continuare il “grande risveglio” abbiamo bisogno di sopravvivere e continuare a sfamare le nostre famiglie e questo richiede una grossa capacità di sintesi e azione focalizzata.
Sballottati come siamo da un estremo all’altro è facile cadere vittima dell’impotenza. Usando una metafora cinematografica (tanto per cambiare 🙂 ) siamo affetti dalla “sindrome Fantozzi”: non importa da quale parte ti volti, prenderai comunque mazzate. In psicologia la chiamano “incapacità acquisita”: a forza di provare dolore finisci per non muoverti più e subire a prescindere.
In particolare negli ultimi tempi la tentazione di scoramento ha colpito molte persone. L’impressione di essere pedine su uno scacchiere chiamato “mondo” le sta condizionando, purtroppo negativamente.
Ecco perché quello che ha detto Covey nel ’93 è più attuale che mai. E’ necessario partire da quello che possiamo cambiare e gli unici a poterlo fare siamo noi stessi.
Il grande rischio è quello di voler cambiare tutto e per questo non riuscire a cambiare niente. Aspettarsi di trovare chissà quale “cosa meravigliosa” alla fine del viaggio, mentre invece troveremo solo un sasso ad aspettarci. Come dice Socrates nella scena, “non lo sai mai” cosa troverai alla fine del viaggio ma l’importante è partire, muoversi, scegliere.
Magari capiremo che il viaggio ci ha resi felici, nel frattempo avremo conosciuto persone, avremo superato difficoltà e questo ci avrà reso persone diverse. Quando l’uomo è impegnato a migliorare se stesso non può retrocedere, può solo salire ad un nuovo livello di coscienza .
Forse allora, intorno a sé vedrà le cose cambiare grazie ad un approccio “dentro–fuori” che parte dall’unica sorgente che può cambiare tutto: l’umiltà dell’imperfezione.
Questo è il grande paradosso su cui si regge l’intera felicità: cercare il miglioramento pur sapendo di essere imperfetti.
Virginio
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Virginio
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..non mi sono mai reso conto quanto si può apprendere dai film . Grazie per questa nuova scoperta Virginio
Rispondi…hai tenuto gli occhi aperti Armando!-)
Rispondi… facciamo durante la nostra vita.
RispondiSiamo organismi in evoluzione e la nostra mente è lo strumento che abbiamo per dare nuovo impulso ai cambiamenti che la nostra anima conosce, il subconscio percepisce e la memoria del corpo custodisce.
Solo ora capisco il senso della frase “la felicità è nel cammino e non nella meta” … la metà è solo un’aspettativa che può essere più o meno soddisfatta ma è durante il percorso che tendiamo alla felicità… “tendere”: questo verbo si ripropone spesso nella mia quotidianità, forse sto imparando ad accettare il fatto che non sono perfetta (anche se in realtà lo sono) e non devo a tutti i costi soddisfare le aspettative di nessuno, soprattutto quelle che io stessa mi pongo! Che liberazione! Che leggerezza!
RispondiGrazie Virginio
BELLISSIMO IL FILM!! GRAZIE VIRGINIO. GRAZIE!!!! TROVO GENIALE IL PDF DEL TESTO. SEMPLICEMENTE GE-NIA-LE….. FANTASTICO! GRAZIE CARO VIRGINIO.. PRIMA O POI CI INCONTREREMO IN GIRO!!!!
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