Il tema del cambiamento, tanto nel microcosmo personale quanto nel macrocosmo organizzativo, seppure percepito come necessario ed inevitabile viene vissuto nella maggior parte dei casi con diffidenza e paura. L’essere umano, almeno in prima battuta, sembra resistere ai mutamenti e alle innovazioni che implicano l’abbandono di sistemi consolidati. Accade perché rivedere le tradizioni e le convinzioni nelle quali si riconosce, o, in alcuni casi, si racconta di riconoscersi, è sempre molto faticoso.
Ancora più semplicemente, sperimentiamo tutti un precario equilibrio tra la spinta ad osare e seguire le nostre inclinazioni e la resistenza a rimanere letteralmente barricati nella nostra zona di comfort.
Tranquilli, non voglio tediarvi con un trattato sulla gestione del cambiamento anche perché, ahimè, non sarei mai in grado di superare l’efficacia narrativa e descrittiva di grandi maestri come John Kotter o Spencer Johnson (di cui vi consiglio vivamente la lettura). Vi chiedo solo di seguirmi per un attimo nelle campagne francesi e di osservare la storia di un singolare personaggio creato dall’altrettanto singolare mente della Disney-Pixar.
Lo avete riconosciuto? E’ un piccolo ratto, Rémy, molto diverso dagli altri topi della colonia: non cammina quasi mai a quattro zampe, non ama rubare il cibo dalla spazzatura, ha un olfatto eccezionalmente sviluppato, abbina con maestria gli alimenti e ha una grandissima ed innata passione per l’alta cucina. A seguito di una serie di vicissitudini che lo separano dalla sua colonia approda per procacciarsi del cibo alle porte di un ristorante stellato ma in declino, proprio quello del suo defunto idolo, lo chef Gusteau. Qui incontra Linguini, uno sprovveduto ed insospettabile sguattero.
Proprio a questo punto, il caso e la sua tenacia lo pongono ad un bivio: seguire la tradizione o immaginare possibile il cambiamento?
Può davvero un ratto diventare un grande chef e convivere con degli esseri umani guadagnandosi la loro fiducia al posto del loro disprezzo?
La voce di suo padre suona perentoria: “Dobbiamo vivere con cautela e proteggere i nostri simili perché alla resa dei conti è su di loro che puoi contare…è così che stanno le cose, non puoi cambiare la natura”. Il rivoluzionario e temerario Rémy replica con veemenza e sembra pronto a sfidare lo stato delle cose: “Mi stai dicendo che il futuro può essere soltanto questo? Cambiare fa parte della natura papà, è la parte della natura che possiamo influenzare …e comincia solo quando lo decidiamo noi.”
Ora, usciamo di nuovo fuori dalla metafora e pensiamo a tutte le volte che nella nostra quotidianità familiare o nella nostra azienda serpeggia l’eco del “in fondo abbiamo sempre fatto così, questo è il nostro DNA, perché cambiare?” a fronte di qualcuno che propone nuove strategie di marketing, il lancio di un nuovo prodotto, il restyling del brand o semplicemente modi diversi di fare le stesse cose. Involontariamente, arroccati nella nostra confortevole routine, soffochiamo le nostre o altrui intuizioni, soffochiamo i talenti e li consideriamo dei visionari o dei sovversivi.
Torniamo allora a Parigi… Che cosa è successo al nostro Rémy? E al ristorante stellato in declino?
La risposta è nelle parole del famoso e cinico critico culinario Anton Ego, che “inciampa” in un piatto cucinato dal nostro piccolo chef: “Il mondo è spesso avverso ai nuovi talenti ed alle nuove creazioni ma al nuovo servono dei sostenitori. Ieri sera mi sono imbattuto in qualcosa di nuovo, un pasto straordinario, di provenienza assolutamente imprevedibile. Affermare che sia la cena che il suo artefice abbiano messo in crisi le mie convinzioni sull’alta cucina è a dir poco riduttivo, hanno scosso le fondamenta stesse del mio essere…non tutti possono diventare dei grandi artisti ma un grande artista può celarsi in chiunque”
Affidare la guida della cucina ad un piccolo topino appassionato e talentuoso ha decretato la rinascita di un ristorante ormai in declino e l’improbabile convivenza di una colonia di ratti con degli esseri umani. La ratatouille, la pietanza che ha travolto e stravolto il critico culinario, è infondo un piatto povero, esemplificativo dell’integrazione efficace tra tradizione e innovazione.
Come ci suggerisce Ego lasciamoci stupire e accogliamo il nuovo e il diverso come una opportunità piuttosto che come una minaccia.
Buon inizio a tutti voi!
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Donatella Menza
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“Ratatouille” Un film di Brad Bird e Jan Pinkava. USA, 2007
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