Martin, rinomato cuoco vedovo di origini messicane, vive con la passione per la cucina e il desiderio di vedere le sue tre figlie felici e realizzate.
Ogni domenica sera Martin fa sfoggio della sua arte preparando con amore, sin dal mattino e da solo, una varietà di cibi da far invidia a un ristorante.
L’obiettivo è quello di riunire le tre figlie per un grande incontro in famiglia dove l’arte del cibo diventa il vero e assoluto protagonista che con i suoi colori, odori e suoni (musica) fa da collante ai piccoli, grandi problemi esistenziali.
Cibo, Amore e Resilienza sono il filo conduttore di questa commedia “spanglish” del 2001. Vediamo ora di analizzarli più da un punto di vista emozionale, neuronale e comportamentale.
CIBO
Il cibo che mangiamo influisce su ciò che pensiamo, diciamo e facciamo. Attraverso quello che ingeriamo, mediante l’atto della nutrizione, possiamo raggiungere il massimo delle capacità, prestazioni, piaceri oppure porre un limite all’intelligenza e alla soddisfazione. Costituzione, condizionamento e ambiente influiscono sulla nostra biochimica e per essa e per il nostro comportamento, la cosa più importante è ciò che mangiamo. Attraverso il cibo noi nutriamo anche le cellule del nostro cervello.
Un’ alimentazione sana e centrata produce un funzionamento del cervello sano, integrato e appagato, mentre un’alimentazione sbagliata crea un disturbo biochimico che si ripercuote negativamente, sia sul sistema nervoso che sul comportamento. Quando ciò che mangiamo non è in equilibrio, il funzionamento delle nostre cellule neuronali è fortemente disturbato, e questa situazione crea caos mentale e fisico.
AMORE
Cucinare è un atto d’amore che noi facciamo per noi stessi e per gli altri; il cibo e la cucina sono strumenti per veicolare precisi significati sociali e psicologici. La funzione di mero nutrimento è marginale rispetto ai numerosi risvolti di tipo emotivo che un piatto o un alimento portano con sé: il cibo dispensato dalla mamma non è solo veicolo di nutrizione, ma segno d’amore. Riprendere l’abitudine di cucinare per sé stessi è un modo per volersi bene, per socializzare e per diventare autonomi, autosufficienti.
Impariamo ad uscire fuori dai ritmi della vita frenetica quotidiana che ci portano a cucinare sempre meno, a cercare piatti sempre più veloci, a comprare alimenti già lavati, già tagliati, già conditi, quasi già mangiati. Un atto così importante come quello del nutrimento, che ha origini ancestrali, non può essere volgarizzato, scambiato per occasionale, a cui non dare la giusta importanza. Nel bisogno ossessivo di essere amati e accettati, dimentichiamo la cosa più importante: rispettare ed amare noi stessi, anche attraverso il cibo che mangiamo, prepariamo, cuciniamo e presentiamo.
RESILIENZA
Avere un atteggiamento mentale positivo ci permette di vivere la vita in modo attivo, resiliente, da protagonisti e non da vittime. Le lamentele, le paure, i giudizi, le preoccupazioni rappresentano l’ostacolo maggiore al cambiamento, perché mettono in azione il nostro sistema nervoso simpatico che si attiva tutte le volte che abbiamo una percezione di pericolo.
In questa scena Martin, chiamato nel bel mezzo della cena domenicale in famiglia dall’amico Tony a risolvere un problema urgente per un pasto importante, da una prova magistrale di grande lucidità e resilienza.
Un esempio concreto di ciò? La negatività dei “Media” tarati principalmente alla divulgazione di notizie negative. Il giornalismo di oggi è molto basato sull’informare il pubblico di ciò che accade nel mondo in termini di eventi gravi. Queste notizie sono maggiormente percepite dalla nostra neurocezione (processo automatico di analisi dell’ambiente che valuta se siamo in una situazione di pericolo o di sicurezza), rispetto agli eventi positivi, ma ciò determina un azzeramento delle nostre capacità analitiche, con tutto ciò che ne consegue.
Ma come possiamo diventare resilienti nello specifico? Diventando consapevoli che la Salute non dipende dal destino, e che nessun farmaco ci mette al riparo dagli errori che continuiamo a fare nella vita, ma va coltivata ogni giorno con le scelte giuste (cibo, movimento, gestione dello stress, relazioni nutrienti, spiritualità) che dobbiamo fare per noi stessi, per la nostra famiglia, per il nostro sistema, per il nostro pianeta.
CONCLUSIONI
In questo film, come nella realtà, ci sono tutti gli ingredienti per una vita felice: si prepara e si consuma del buon cibo per se e per i propri cari, si discute, si diventa resilienti, ci si innamora, si cresce, si muore, ma alla fine si impara a vivere nel rispetto dei piccoli riti, delle tradizioni, della famiglia che rendono il quotidiano straordinario.
Allo stesso modo, questo film ci vuole anche dire che in un mondo dove tutto è veloce, c’è un bisogno urgente di rallentare per riscoprire le nostre radici anche attraverso il cibo che, preparato con passione ed amore dal padre per le figlie, assume una funzione decisamente affettiva e catartica.
La famiglia diventa quindi il luogo di elezione dove mettere a nudo le proprie emozioni, i sogni ma anche le proprie sofferenze. In questa cornice è il cibo l’assoluto protagonista che mette tutti d’accordo rinnovandosi di volta in volta per dare nuova linfa e autenticità ai personaggi che lo onorano per la sua sensorialità primordiale taumaturgica.
Buon cibo a tutti e buona vita.
MDS
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