Questa scena, tratta dal film “We were soldiers” ci catapulta in un campo di addestramento dell’esercito americano, agli inizi degli anni 60. Le forze americane combattono l’esercito vietnamita nella battaglia di Ia Drang.
La scena si apre con l’immagine di un gruppo di allievi ufficiali durante un’estenuante corsa nei boschi. Da lontano uno di loro si accorge che un compagno sta avanzando a fatica, trascinando una gamba. Approfitta della prima sosta per chiedergli di togliersi gli scarponi e dargli, oltre al conforto e una pacca sulla spalla, dei suggerimenti utili per curare e prevenire le vesciche.
“Mettici della polvere disinfettante e cambiati i calzini”
Dopo aver dato l’esempio, chiede agli altri compagni di controllare lo stato dei piedi di chi hanno al loro fianco.
“Ognuno controlli i piedi dell’altro, come ho fatto io con Gatbolt”
Tutto questo lo fa senza aver ricevuto alcun ordine dai suoi superiori. Il tenente Moore, che ha osservato tutta la scena da lontano, rivolgendosi al sergente Plumley, esclama:
“Ecco, quel giovanotto è un capo!”
Il nome di quel giovanotto, come quello di tanti altri suoi compagni, oggi è scritto sul Monumento ai Caduti della guerra del Vietnam. Quel giovanotto, però, a differenza di molti altri, aveva la stoffa del leader, perfettamente consapevole della responsabilità e dei propri doveri personali e, nondimeno, di quelli nei confronti del gruppo d’appartenenza. Dopo aver portato a termine la prova, cui il suo gruppo era stato sottoposto, e quindi aver svolto il proprio lavoro di allievo ufficiale, lo completa e lo arricchisce di umanità, solidarietà, capacità di scelta e spirito di iniziativa.
Tutte caratteristiche che si confanno ad un leader che, qualunque sia il suo campo di attività, non viene riconosciuto dalle persone che lo circondano per la posizione gerarchica che occupa o il prestigio di cui vanta, ma in virtù della sua capacità di proporre/imporre agli altri un obiettivo condiviso e una direzione da prendere, anche a costo di andare controcorrente.
Perché un leader, che pone a fondamento della mission della sua organizzazione il bene della stessa, non ha bisogno di confrontarsi con coloro che lo circondano, sa riconoscere, grazie all’intuito di cui è dotato, ciò che è giusto fare da ciò che è sbagliato.
Non si tratta di un dono concesso a pochi, la capacità di leadership è, piuttosto, una potenzialità, una competenza che attende solo di emergere e che, se costantemente e correttamente implementata, può fornire nel tempo gli strumenti adatti per governare la propria vita e diventare parte integrante del nostro agire.
È questa l’interpretazione che Covey, uomo d’affari e autore del celebre bestseller “Le 7 regole per avere successo”, dà alla leadership, ribaltando completamente il concetto di leader carismatico e indiscusso cui tradizionalmente siamo abituati.
Si sostituisce, così, al tradizionale principio di leadership personale un principio di leadership diffusa, una nuova visione strategica dell’organizzazione aziendale che si fa promotrice di un cambiamento e ne coinvolge tutti i membri, valorizzandoli, nella definizione della visione, dei valori e degli obiettivi da raggiungere.
Un’azienda che adotta una leadership diffusa ha a capo un leader che, dando l’esempio, offre l’opportunità di “nascere” ad altri leaders. Un’azienda con leadership limitata è gestita da un solo Leader che, invece, tende ad ostacolarne la crescita. Una cosa è infatti imporre la direzione da seguire al fine di attuare una mera e sterile esecuzione, un’altra è responsabilizzare ogni singolo componente, offrendogli un’opportunità, un trampolino di lancio per diventare, per dirla con le parole del colonnello Moore, “un capo”.
Questo ampliamento di prospettiva non sta solo nelle mani degli uomini di affari, ma anche degli educatori, degli allenatori, degli insegnanti, dei genitori e di chiunque si trovi a gestire un’attività di natura relazionale. Il nuovo concetto di leadership pervade infatti ogni ambiente e comunità in cui le persone che ne fanno parte sono chiamate a dare il loro contributo, esercitare il proprio spirito di iniziativa, mirando al benessere e alla soddisfazione generale.
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“We Were Soldiers – Fino all’ultimo uomo” (We Were Soldiers) è un film del 2002 diretto da Randall Wallace, con Mel Gibson.
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