Ognuno di noi ha a che fare con la “paralisi della scelta”. Che ci riguardi direttamente (siamo noi che non riusciamo a decidere tra le diverse opzioni che ci vengono offerte) o che riguardi i nostri clienti, è davvero frustrante farne esperienza.
Vale lo stesso per Sheldon, protagonista della serie TV “ The Big Bang Theory”, indeciso su cosa acquistare: sarà meglio la Xbox (“ ha una videocamera migliore”), o una PS4 (“ ha un hard disk removibile”)?
Il ragazzo trascina la sua fidanzata Amy nel negozio di elettronica: dopo aver valutato attentamente le due opzioni, è convinto di aver preso la migliore delle decisioni:
“ Sono fiero di me: ho fatto tutte le ricerche, ho condotto un sondaggio informale, e sono arrivato all’incrollabile certezza di aver fatto la scelta giusta”
Sfortunatamente,mentre si dirige alla cassa, i dubbi riaffiorano, e, mentre ha ancora in mano lo scatolo verde della console Microsoft, la PS4 torna ad essere una scelta appetibile.
Alcuni studi dimostrano come il decision maker preferisca spostare il focus verso l’esterno in modo che il costo emotivo non sia così opprimente. Le conseguenze di una pessima scelta sembrano minori, se lasciata al caso, piuttosto che alla propria capacità discriminatoria.
Ci basiamo su un meccanismo di “ delay” (indugiamo fin quando non arriva un’informazione che rende sicura e accettabile la nostra scelta), o di “default” ( deleghiamo la nostra scelta ad un meccanismo esterno, come la moneta).
Ma perché nonostante abbia condotto delle ricerche scrupolose, il nostro protagonista non riesce comunque a decidere? Perché deve servirsi di un qualcosa che gli permetta di fare una scelta aldilà della sua volontà e ragionamento?
In un’epoca dove la pubblicità e l’acquisto passano prima per i social, dove ogni oggetto viene recensito e accompagnato da un certo numero di stelline, dove ogni scelta viene prima “googlata”, è diventato paradossalmente più difficile prendere una decisione. Con l’incremento delle possibilità “la paralisi della scelta”, latente in ciascuno di noi, si infiamma.
Ma guardiamo la cosa dal lato positivo: questa è anche una grande opportunità per tutti i professionisti, i consulenti e i venditori che vogliono emergere dal rumore di fondo per essere riconosciuti come “saggi consiglieri”.
Il saggio consigliere è il desiderio occulto del cliente. Chi di noi non vorrebbe una persona saggia, amica, competente, capace di comprendere a volo i nostri bisogni che scegliesse al posto nostro? Bene abbiamo appena deliniato il profilo di un consulente (o venditore) eccellente .
E’ colui che, non solo ne sa più degli altri, ma sa trasmetterlo attraverso doti relazionali fuori dal comune. Paradossalmente, nell’era tecnologica e super-recensita il fattore umano può fare una grande differenza. Quello che manca al nostro amico Sheldon.
I social, ma anche i marketplace come Amazon, Booking,Tripadvisor hanno saputo interpretare questo bisogno del mercato soddisfacendo una buona parte dell’esigenza di rassicurazione attraverso le recensioni. Tuttavia a chi non piacerebbe avere una pacca sulla spalla? A chi non piacerebbe avere una piccola spinta dinnanzi alla “paralisi della scelta” che aiuti a fare l’azione definitiva?
La verità è che spesso, molto spesso, alle persone non piace decidere, ma piace acquistare:
“ di cosa hai voglia, di cibo thailandese o un hamburger?”
-“ non lo sooo!”
Un professionista sa che un cliente ha spesso voglia di farsi sostenere: sta a noi capire qual è l’obiettivo che neanche l’acquirente ha ben chiaro. Certo è una sfida, ma è quello su cui (forse) abbiamo ancora qualche vantaggio rispetto alla tecnologia.
Teniamolo a mente.
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