Trasparenza sì, ma fino a che punto siamo disposti a farne un valore basilare delle nostre relazioni? E la nostra privacy? Ci teniamo tanto a tutelare i nostri spazi, anche fisici, affinché ne vengano rispettati i confini, ma non ci pensiamo su due volte nel “condividere” la nostra vita su un social.
Su questo binomio tanto ambiguo quanto attraente è costruita la trama del film “The Circle”. La protagonista, Mae Holland, lavora in un piccolo call-center del suo paese, finché non viene assunta a The Circle, un colosso aziendale di alta tecnologia, organizzato in un enorme campus, in cui i dipendenti trascorrono l’intera vita, perché vi trovano tutto ciò di cui hanno bisogno. Dal momento dell’assunzione Mae si ritrova catapultata in una realtà in cui tenere separati vita privata e lavoro, intimità e dominio pubblico si rivelerà presto un’utopia.
Assunta come addetta alla customer care, ben presto, però, Mae scopre che il suo “sentirsi parte” dell’azienda non dipende solo dallo svolgere nel migliore dei modi il suo lavoro, ma anche e soprattutto dal suo livello di “socialità”, in base a quanto “condivide” con tutta la community di The Circle.
“… Non tutto gira intorno al lavoro, conta anche la comunità … è tutto collegato!” .
Dunque non partecipare alle iniziative, alle feste organizzate dall’azienda, a detta loro “facoltative”, che Mae etichetta fin da subito come “extracurriculari”, equivale a dichiararsi disinteressati.
“La comunicazione di sicuro non è extracurriculare, giusto?”.
Scena 1: “Stiamo per sconvolgere il tuo mondo”
Da poco alla sua scrivania, a Mae si avvicinano due dipendenti dell’azienda, Gina e Matt, per “istruirla”. Per questi ultimi, affascinati da una “persona così misteriosa”, l’anormalità è l’assenza di Mae alle principali attività fuori dall’orario di lavoro, per Mae, invece, è dover trascorrere il weekend lontano dalla sua famiglia e doverne, inoltre, rendere conto a tutti. La sua espressione la dice lunga.
“Hai lasciato il campus alle 23:42 di venerdì e sei tornata alle 8:46 di lunedì”
“C’era da lavorare nel weekend? Mi dispiace, io …”.
Per chiunque è lecito e naturale voler ritagliarsi degli spazi, fisici e temporali, per sé, prima di affrontare una nuova settimana lavorativa. Eppure a Gina e Matt sembra strano anche il voler pagaiare di Mae, da sola, al largo di un lago:
“Potresti dirci cosa hai fatto il resto del weekend?”
“Niente in realtà, sono andata in kayak”
“Sei andata in kayak? Con chi?”
“Con nessuno, ci sono andata da sola”
“Io vado in kayak, potevamo andarci insieme”.
Oggi è diventata un’azione talmente automatica “condividere” col mondo qualsiasi particolare della propria giornata, che il non farlo sembra debba avere per forza una spiegazione:
“Non c’è niente sul tuo profilo riguardo al kayak, niente smile, niente rating, niente post, non sono una psicologa ma questo comportamento a volte deriva da una bassa autostima. È per questo che la partecipazione è importante, ti tira su, ti solleva il morale …”.
Scena 2: “Conoscere è un bene, ma sapere tutto è meglio”
L’iniziale perplessità e ritrosia di Mae non durerà molto. Una notte, per “evadere” da una realtà aziendale troppo opprimente, sale di nascosto e senza permesso a bordo di un kayak. Ha un incidente, da cui viene salvata solo grazie ad una telecamera di The Circle installata nei pressi del lago.
Di qui il pretesto, per il fondatore di The Circle, Eamon Bailey, per operare su Mae una sorta di “lavaggio del cervello” ed instillare in lei, e in tutti, la convinzione che il bene di tutti può dipendere da dispositivi di monitoraggio istantaneo, che richiedono una costante condivisione della propria vita privata.
“Ho commesso un crimine: ho preso un kayak senza il permesso del proprietario, ho pagaiato fino al centro della baia e non indossavo il giubbotto salvagente”.
Bailey non lo considera un reato da pena capitale, ma si fa forte del nuovo entusiasmo di Mae:
“I segreti sono bugie, sono ciò che rendono possibili i crimini, se non siamo tenuti a rispondere ci comportiamo male”.
I segreti sono bugie. Significa che il fatto di poter tenere qualche aneddoto della propria vita privata “al riparo” dal “pubblico” equivale a mentire. Per accrescere il senso di colpa in Mae e guadagnare maggiori consensi si serve della definizione di conoscenza come “basilare diritto umano” e considera “da egoisti” il voler vivere un’esperienza “offline”.
“Ti sembra giusto aver impedito quello che hai visto tu, Mae?”.
Per dare l’esempio, Mae è “costretta” a prestarsi all’installazione di una telecamera sui vestiti e dunque a una “vita in diretta” h24.
Scena 3: “Sono stanca di stare qui al buio”
La vita “in diretta” causa dispiaceri e dolori alla protagonista, tra cui la perdita del caro amico Mercer. È così che l’entusiasmo iniziale cede il passo al disincanto e Mae impatta di nuovo bruscamente col mondo “reale”.
“Se non ci fossimo mai persi di vista l’uno con l’altro?”.
Decide così di rilanciare e prende in mano le redini della situazione: invita i fondatori di The Circle ad “essere trasparenti” in “… ogni loro mossa, ogni loro parola, ogni messaggio, meeting, telefonata”.
“Quello che propongo è un’apertura radicale … eppure i nostri leader vivono al di fuori”.
Quest’ultima scena ci permette anche di fare qualche considerazione in tema di gestione della privacy in azienda. Argomento importante e delicato, in quanto ci ritroviamo in un momento storico caratterizzato dalla tendenza di impostare qualsiasi attività di business sull’utilizzo di sempre più all’avanguardia tecnologie informatiche, in grado di velocizzare lo scambio delle informazioni, permetterne la condivisione sempre più su larga scala e sveltire anche i processi lavorativi. L’utilizzo di queste tecnologie sicuramente incrementa l’efficienza dei processi lavorativi, ma rende maggiormente visibili i dati personali trattati, espondendo l’azienda al rischio di perdita di integrità e di sicurezza.
“Sono stanca di nascondermi, queste password e parole d’ordine, la differenza tra il pubblico e il privato, voi non siete stanchi?”.
Da un lato si avverte il bisogno, da parte dei dipendenti, di una sempre maggiore trasparenza nell’ambiente di lavoro, che d’altronde è il luogo in cui trascorriamo la maggior parte del tempo della nostra giornata, dall’altro c’è il problema privacy, che non va sottovalutato ma tutelato e accompagnato da un’adeguata e costante formazione. Il confine è sottile.
Siamo entrati dunque nell’era della “condivisione” forzata, in cui “tutti i segreti sono bugie” e tutti gli “sconnessi” sono persone a cui dare la caccia? C’è chi dice no, per fortuna!
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“The Circle” è un film del 2017 scritto e diretto da James Ponsoldt, interpretato da Tom Hanks, Emma Watson, John Boyega e Karen Gillan. La pellicola è l’adattamento cinematografico del romanzo fantascientifico “Il cerchio” (The Circle) di Dave Eggers del 2013.
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