Il punto di vista del trainer
Dopo aver proiettato questa scena chiederei immediatamente alla mia platea: “Funzionerà questa terapia?”
Ad osservare Adam e la sua comunicazione non verbale non direi. Sono diversi gli errori commessi dalla Dottoressa:
– Non preparare l’ambiente in cui dovrà avvenire l’intake e farsi cogliere di sorpresa
– Rivelare la sua inesperienza (un fatto che può incidere solo negativamente sulla conquista della fiducia del cliente, dal momento che il primo strumento di “rapport” è la competenza)
– Supporre di conoscere lo stato d’animo del cliente sostituendosi a lui
– Azzardare analisi e ipotesi cercando di affermare le sue “verità” piuttosto che chiedere, domandare, elicitare i punti di vista e le emozioni del cliente
– Trascurare la privacy dal momento che tutto verrà raccontato nella sua tesi (non le passa neppure per la mente di chiedere il consenso)
Il momento in cui un “terapista dell’aiuto” (psicologo, counselor, coach) prende contatto con il suo cliente e con il problema/obiettivo è il più importante di tutti.
E’ in questo frangente che si costruisce il rapporto necessario a seguire un percorso strutturato, fatto di impegno reciproco, responsabilità e soprattutto ascolto.
Dalla scena appare chiaro che la terapista è inesperta, ma gli errori sembrano provenire più da uno scarso “lavoro su se stessi” piuttosto che da scarse conoscenze.
La voglia di “psicanalizzare” gli altri giustificando i loro comportamenti appartiene al mondo dei dilettanti e non certo dei professionisti.
Acquista il film

Acquista il libro
“L’arte del Counseling – Il consiglio, la guida, la supervisione“ di Rollo May – Acquistalo su macrolibrarsi.it