Il punto di vista del trainer
Questo è il motivo per cui il tema principale di questa scena è il “training”.
Possiamo osservare una trainer molto direttiva, che sa il fatto suo e che piuttosto che fare “domande” (vero strumento del coaching) pretende che Harold riscopra il meglio di se stesso.
E’ una modalità completamente diversa dal “coaching”, ma a parte le sfumature che solo noi professionisti possiamo conoscere, la scena offre validi spunti per riflettere sull’autostima e sui possibili rimedi per accrescerla.
Alcune domande sono necessarie:
1) È possibile aumentare l’autostima agendo solo su fattori esteriori?
Il trainer fa in modo che il cliente creda più in se stesso soprattutto lasciando che migliori l’immagine: l’abbigliamento, il taglio di capelli e il fisico
2) Si può giungere allo stesso risultato partendo da una maggiore consapevolezza dei propri valori?
Credo che entrambi le risposte siano positive, ma con effetti più duraturi nel secondo caso.
Quelli che vediamo nella scena sono esercizi senz’altro utili, ma che dovrebbero trovare un’applicazione costante e quotidiana per poter funzionare. Potrebbero diventare una vera e propria routine positiva:
guardarsi nello specchio e dirsi: “Mi piaccio”
fare sport per aumentare la serotonina (l’ormone della felicità)
vestirsi bene e curarsi
indicare almeno 5 qualità che pensiamo di avere
Interessante la parte in cui Harold guardandosi allo specchio non vede ciò che vedono gli altri, bensì lo spettro del passato, un ragazzo goffo incapace di farsi valere. Un buon esempio di come spesso ci maltrattiamo quando crediamo di valere poco.
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