Scena sul coaching: C’è qualcos’altro di cui sei sicuro?

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Nel film “Steve Jobs” (2015), scritto da Aaron Sorkin e diretto da Danny Boyle, c’è una scena straordinaria, breve e incisiva, che mostra come anche in un contesto manageriale possano emergere competenze di coaching capaci di stimolare consapevolezza e nuove prospettive.

Siamo nel backstage di un lancio importante. Le tensioni familiari tra Steve e sua figlia Lisa si intrecciano con le ossessioni personali, le ferite d’ego e la distorsione della realtà. Joanna Hoffman, direttore marketing di Apple e collaboratrice di fiducia, lo affronta con un mix equilibrato di fermezza, cura e capacità relazionale, mettendo in gioco competenze chiave che oggi associamo al coaching.

Ascolto Attivo e Presenza Autentica

Joanna non interrompe, non giudica, non impone la propria versione dei fatti. Lascia che Steve porti a galla la sua narrazione e lo ascolta mentre rievoca la famosa “copertina di Time” che — secondo lui — gli è stata negata a causa della sua vita privata. Solo dopo averlo ascoltato, interviene.

“Ti ricordi quella copertina?”
“Cosa c’era in copertina?”

Domande semplici, apparentemente innocue, ma studiate per stimolare il dubbio e portarlo a riconsiderare i propri ricordi. Joanna accoglie l’emozione di Jobs e, attraverso le sue domande, lo accompagna con delicatezza verso il dato reale.

Domande, osservazioni e sfida per evocare consapevolezza

Joanna non contrappone opinioni: lascia che sia Steve stesso a scoprire le incongruenze del suo pensiero. Un passo alla volta, lo invita a rivedere ciò che credeva certo. Joanna parte dalle domande per evocare la consapevolezza, ma non si limita a interrogare: inserisce osservazioni oggettive quando Steve è pronto a coglierle.
Quando Jobs afferma con sicurezza: “C’era un computer”, Joanna ribatte:

“No, c’era la scultura di un computer. Era una scultura. Time doveva averla commissionata con mesi di anticipo. Tu non sei mai stato in lizza come uomo dell’anno. Nessuno ti ha mai fatto perdere niente.”

Qui Joanna introduce il dato reale e lo fa nel momento giusto, con l’equilibrio di chi sa che la consapevolezza non si impone: si facilita.

Le sue poche domande diventano uno strumento trasformativo, aiutando Jobs a uscire dalla sua narrativa e a vedere come avesse costruito una verità parziale. È un invito implicito a guardare la realtà da nuove prospettive, non solo su questo episodio, ma anche in altri ambiti della sua vita, alzando l’asticella della sfida:

“C’è qualcos’altro di cui sei sicuro?”

Un passaggio potente. Steve rimane sorpreso:

“Come ho fatto a non rendermene conto?”

Non è una provocazione, ma un invito a rimettere in discussione tutte le certezze costruite su percezioni soggettive. È il momento in cui Joanna agisce da specchio potente: Steve vede la discrepanza tra realtà e narrativa personale e si apre alla possibilità di riconsiderare altri aspetti della sua vita.

Feedback diretto che stimola la riflessione

Joanna non lo mette in difficoltà né lo umilia. Espone i fatti, ma lo fa con rispetto e ironia:

“Vuoi davvero che ti mostri la tua capacità di avere torto quando credi di avere ragione?”

È un feedback schietto e senza filtri, ma allo stesso tempo protettivo. Joanna mantiene l’alleanza con Steve mentre lo invita ad assumersi la responsabilità delle proprie percezioni.

Supporto e interesse per la persona

L’intero scambio è permeato da cura autentica. Joanna non vuole “vincere” la discussione, ma aiutare Steve a vedere con maggiore chiarezza e, soprattutto, a non ripetere lo stesso errore con Lisa:

“Non cercare di averla vinta con Lisa. Dille solo che avevi torto.”

È un consiglio che sembra quasi una prescrizione etica, ma nasce da un affetto e rispetto reciproci. Joanna crede nella possibilità che Steve possa cambiare, crescere e migliorare le proprie relazioni.

Non è coaching, ma…

Un coach non dà consigli: è vero. In questo caso non si tratta di una sessione di coaching, ma di uno scambio tra un manager e il proprio responsabile, collaboratore e amico. Joanna utilizza competenze di coaching per stimolare il confronto, aiutare Jobs a mettere in discussione le proprie convinzioni e ampliare la sua mappa della realtà. Questo porta a nuove consapevolezze, che possono tradursi in nuovi comportamenti.

Questa scena ci ricorda che, anche nei contesti più complessi e competitivi, un manager può fare la differenza quando sceglie di ascoltare, fare domande e sfidare con rispetto le convinzioni dei propri collaboratori. Joanna non “aggiusta” Jobs, ma crea uno spazio di verità in cui persino un visionario abituato ad avere sempre ragione può vedere la realtà con occhi nuovi.

In un mondo organizzativo dove la comunicazione spesso si ferma ai numeri e ai KPI, questa sequenza mostra quanto sia potente integrare competenze di coaching nello stile manageriale: non per guidare le persone verso le risposte, ma per accompagnarle a trovarle da sole.

Perché, a volte, la sfida più grande per un manager è aiutare l’altro a guardare oltre la propria narrativa, aprendo la strada a nuove consapevolezze, nuove scelte e nuovi comportamenti.

Come ci ricorda Joanna, con una sola domanda:

“C’è qualcos’altro di cui sei sicuro?”


Emanuela Mazza – MCC Coach ICF, Formatrice, Docente universitaria  in Competenze di Comunicazione in Medicina, Fondatrice e Direttore Didattico di Academia – Coaching Education, Autrice, Speaker, Advisor per migliorare la collaborazione e l’efficacia di team e leadership aziendale.

 


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